Onorevoli Colleghi! - Da tempo si sente la necessità di introdurre un nuovo istituto nell'ordinamento processuale che consenta lo svolgimento dell'azione collettiva risarcitoria.
      Si è infatti constatata la concretezza di questa esigenza, da ultimo, per consentire una tutela giuridica effettiva ai tanti risparmiatori rimasti vittime dei recenti scandali finanziari.
      Sul piano della politica sociale l'azione di gruppo soddisfa le seguenti finalità:

          a) garantisce l'accesso alla giustizia - altrimenti impossibile per gli elevati oneri economici - a quei gruppi di soggetti che si trovano in una situazione di disparità economica rispetto a una controparte dalla quale hanno subìto una lesione dei loro diritti;

          b) riduce quantitativamente e qualitativamente la complessità delle controversie giudiziali che scaturiscono da uno stesso comportamento illecito, diminuendo così gli oneri economici a carico dell'amministrazione giudiziaria;

          c) garantisce una maggiore uniformità di giustizia.

      Purtroppo, la recente legge sulla tutela del risparmio (legge 28 dicembre 2005, n. 262), non prevedendo l'introduzione di questo istituto, come si riteneva naturale in tale sede, ha disatteso le aspettative dei risparmiatori e, più in generale, dei consumatori e degli utenti.
      Nella scorsa legislatura, il tema in questione era stato affrontato dal disegno di legge atto Senato n. 3058, recante «Disposizioni per l'introduzione dell'azione di gruppo a tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti», successivamente approvato in un testo unificato dalla Camera dei deputati il 21 luglio 2004, ma il cui iter legislativo non è stato concluso per la fine della legislatura.
      Nell'attuale legislatura il disegno di legge del Governo (atto Camera n. 1495) riprende il testo del ricordato testo unificato, estendendone l'ambito di applicazione ad altre fattispecie di settori economici

 

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anch'essi rilevanti per gli interessi dei cittadini.
      Occorre però avere ben presente che il modello processuale dell'azione collettiva risarcitoria (meglio nota come class action in quanto originaria dell'ordinamento giuridico degli Stati Uniti e poi introdotta anche in altri Paesi di common law), così come disciplinata nel richiamato disegno di legge del Governo, pone delicati problemi di compatibilità con alcuni princìpi costituzionali.

      A parere del proponente, le previste modalità di avvio dell'azione collettiva si pongono in contrasto con gli articoli 3, 18 e 24 della Costituzione in quanto, riservando la legittimazione ad agire alle sole associazioni dei consumatori e dei professionisti e alle camere di commercio, violano i suddetti precetti costituzionali che consentono ai cittadini di associarsi liberamente e di agire in giudizio per la tutela dei loro diritti e interessi legittimi. Già in passato la Corte costituzionale ha censurato la illegittimità costituzionale di una norma analoga (Corte costituzionale, sentenza n. 309 del 1996).

      Anche la finalità di ridurre la complessità delle controversie giudiziali non viene colta appieno, perché per conseguire la soddisfazione del diritto il citato disegno di legge del Governo prevede comunque due distinti procedimenti giudiziali, peraltro intramezzati da un tentativo obbligatorio di conciliazione che in questo caso, tenuto conto del fatto che vi è già stata una sentenza di condanna, assume i caratteri della vessatorietà.

      La proposta di legge atto Camera n. 1443, presentata, il 21 luglio 2006 dagli onorevoli Poretti e Capezzone - della quale la presente proposta di legge riprende l'impianto fondamentale, salvo correggerne alcuni aspetti che si ritengono tuttavia anch'essi rilevanti sul piano ordinamentale - risolve per buona parte i problemi di compatibilità costituzionale e soddisfa le finalità proprie dell'azione collettiva risarcitoria.
      Le nuove norme che si propongono, rispetto a quelle contenute nella citata proposta di legge, sono quindi ispirate dall'esigenza di rendere la disciplina più coerente e organica sul piano della politica legislativa e conforme anche ai princìpi dell'ordinamento processuale.
      A tale fine si prevede:

          a) di escludere dalla disciplina la nullità dei contratti conclusi a seguito di pubblicità ingannevole accertata dall'Autorità competente. Si ritiene infatti che tale materia, in quanto già oggetto di una propria specifica e particolare disciplina, debba essere oggetto di un apposito intervento di riforma onde evitare sovrapposizioni confliggenti;

          b) di evitare abusi, distorsioni e conflitti d'interesse nell'utilizzo dell'azione risarcitoria, anche in considerazione dell'esperienza maturata negli Stati Uniti; a tale fine si ritiene opportuno fare divieto agli avvocati di promuovere o di organizzare azioni collettive;

          c) sul piano più strettamente processuale, onde evitare contrasti con i princìpi del contraddittorio e dell'estensione soggettiva del giudicato, è previsto che: anche la quantificazione del danno in capo ai singoli attori venga effettuata all'interno del processo sulla base delle risultanze istruttorie; una volta emessa la sentenza che quantifica il danno complessivo (che verrà ripartito tra i singoli dal curatore amministrativo), ne consegue che gli altri soggetti che non hanno partecipato all'azione collettiva non potranno essere risarciti;

          d) che non sia necessario emanare disposizioni attuative, in quanto per la nomina del curatore amministrativo e per le modalità di svolgimento dei suoi compiti si fa rinvio alla disciplina delle procedure concorsuali (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni).

      Dal presente provvedimento non derivano nuovi oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica, essendo previste misure che non comportano nuovi o maggiori attività amministrative nè richiedono l'istituzione di nuovi organi o competenze e non essendo previsti incentivi di alcun tipo nè misure fiscali.

 

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